1. Premessa

Le Associazioni di promozione sociale già iscritte nei Registri Regionali e Nazionale alla data di entrata in vigore del DLgs. 117/2017 (CTS) hanno fatto parte, assieme alle ODV e alle ONLUS già iscritte nei relativi Registri Regionali e all’Anagrafe, degli ETS “di diritto transitorio” tenuti ad utilizzare gli schemi di bilancio previsti dal DM 5.3.2020 già a partire dall’esercizio 2021[1], per cui si apprestano a chiudere il loro secondo bilancio (2022) secondo le nuove regole del CTS.

Solo le ODV/APS sono state altresì obbligate a depositare il bilancio 2021 nel RUNTS, mentre per le ONLUS tale obbligo varrà solo dal bilancio relativo all’esercizio di “passaggio” dall’Anagrafe al RUNTS.

Fino al bilancio dell’esercizio 2020 la situazione delle APS era disomogenea in quanto alcune Regioni richiedevano il deposito del bilancio (con schema prefissato o libero), mentre altre richiedevano di compilare report comprensivi sia dei dati contabili che di altro genere. Le APS sono state pertanto tra i primi ETS a confrontarsi con i nuovi schemi obbligatori di bilancio, rilevandone talune criticità applicative e problemi di raccordo con le norme fiscali, fungendo da “cavie” per (auspicabili) futuri interventi correttivi.

Gli schemi di bilancio del DM 5.3.2020 rappresentano l’evoluzione di quelli, allora solo facoltativi, proposti dalla Agenzia per le ONLUS (2009), a loro volta debitori verso precedenti documenti emessi dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (2003); tali (ormai vetusti) documenti, comprensivi anche di indicazioni operative, possono essere ancora utili per comprendere le logiche di compilazione degli attuali bilanci delle APS.

L’OIC (febbraio 2022) ha fornito le prime indicazioni generali sul bilancio degli ETS ed ha inserito alcune voci nello schema del Rendiconto gestionale facente parte del bilancio ordinario (OIC 35), senza intervenire sullo schema del rendiconto per cassa: si tratta di variazioni di scarsa applicazione pratica per le APS di piccole/medie dimensioni oggetto del presente studio.

Gli schemi di bilancio obbligatori hanno valenza civilistica e vanno compilati alla luce delle norme del CTS, di quanto previsto dalla parte illustrativa del DM 5.3.2020, dal principio OIC 35 e, in quanto compatibili con l’assenza di scopo di lucro, dai principi previsti dal Codice civile per i bilanci delle società di capitali, senza effettuare “inquinamenti” derivanti dal regime fiscale di talune attività delle APS. Il CTS non prevede esplicitamente alcuna norma civilistica sulla tenuta delle scritture contabili degli ETS ed ha delegato (di fatto) tale compito al regime fiscale, ad oggi ancora il DPR 600/73 e soprattutto la L. 398/91 e, in prospettiva, gli artt. 86 e 87 CTS. Questa carenza normativa interessa in modo particolare le APS di piccole/medie dimensioni in possesso della Partita IVA per lo svolgimento di attività fiscalmente “commerciali”, per le quali le regole fiscali dei regimi contabili minori non sono coordinate con quelle sui bilanci, sia esso ordinario o il rendiconto per cassa, creando vari problemi operativi.

  1. Gli schemi di bilancio

 Il DM 5.3.2020 prevede due schemi di bilancio, in funzione della dimensione dell’APS:

  • il bilancio ordinario, per le APS che hanno ricavi/entrate totali non inferiori a 220.000,00 euro annuali (obbligatorio);
  • il rendiconto per cassa, per le APS che non raggiungono il limite sopra detto, salva la facoltà di optare per la redazione del bilancio ordinario.

Il limite di ricavi di euro 220.000,00 è oggettivamente modesto e, di fatto, penalizzante per molte APS, se confrontato con gli analoghi limiti previsti dal Codice civile per i bilanci delle società di capitali, ma anche (e soprattutto) se confrontato con i limiti previsti ai fini fiscali per la tenuta obbligatoria della contabilità ordinaria delle imprese.

Il bilancio ordinario si compone di tre documenti: Stato patrimoniale, Rendiconto gestionale, cioè il “Conto economico”, e Relazione di missione, che assembla in un solo documento le informazioni contabili ed extracontabili che, per le società di capitali, sono contenute nella Nota integrativa (art. 2427 c.c.) e nella Relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.). Il bilancio ordinario è retto dal principio della “competenza economica” e deriva dalla tenuta delle registrazioni contabili con il metodo della “partita doppia”.

Il rendiconto per cassa è retto dal criterio finanziario (“di cassa”) e deriva da registrazioni contabili tenute con metodo libero, di fatto una “partita semplice”, ove le singole movimentazioni di denaro (cassa, banca) vengono imputate alle varie voci delle entrate e delle uscite, suddivise dal DM tra gestione “corrente” e gestione “in conto capitale”.

IL LIMITE DIMENSIONALE

Come riportato nell’Introduzione dell’allegato 1 al DM 5.3.2020, le APS, per definire quale sia lo schema di bilancio da utilizzare, devono verificare il superamento o meno della soglia di ricavi/entrate di euro 220.000,00 considerando i dati contabili esposti nel “bilancio dell’esercizio precedente”, in qualunque modo esso sia stato redatto.

Per gli ETS non è pertanto valido il riferimento biennale previsto dal Codice civile per le società di capitali ai fini dell’opzione per il bilancio abbreviato (art. 2435-bis) o per quello delle micro-imprese (art. 2435-ter); il riferimento biennale è invece previsto dal CTS per la nomina dell’Organo di controllo, con un limite di ricavi di euro 220.000,00 che presuppone l’avvenuta redazione dei due bilanci con lo schema ordinario.

La presenza di due criteri di registrazione contabile (“competenza” e “cassa”) può creare situazioni anomale, specialmente (ma non solo) per le APS di piccole/medie dimensioni alle prese con l’eventuale passaggio “in salita” dal rendiconto per cassa al bilancio ordinario: il rendiconto per cassa di un esercizio può indicare (solo parte corrente) entrate totali non inferiori a 220.000,00 euro che potrebbero però corrispondere a ricavi di importo inferiore a tale limite, se considerate con il criterio di competenza, creando quindi le premesse per un “up and down” tra i due schemi di bilancio nei vari esercizi consecutivi.

Le APS di piccole/medie dimensioni devono fare riferimento alle entrate della sola parte “corrente” del rendiconto per cassa, senza considerare le entrate “in conto capitale” indicate nel secondo modulo dello schema (che riguarda la gestione delle immobilizzazioni e dei finanziamenti), mentre le APS di maggiori dimensioni devono invece fare riferimento al “totale proventi e ricavi” indicato come ultima voce del Rendiconto gestionale. In tale contesto vanno valutate talune voci o modalità di registrazione contabile che possono influire su tali importi e quindi sulla valutazione prospettica dell’obbligo/opzione di uso dello schema di bilancio da adottare.

Ad esempio, le APS di piccole/medie dimensioni dotate di Partita IVA in regime forfetario ex L. 398/91 (praticamente tutte) rilevano le entrate relative alla gestione fiscalmente “commerciale” al lordo dell’IVA, secondo la logica propria del rendiconto per cassa, per cui tali valori non corrispondono ai “ricavi” registrati dalle APS maggiori nel Rendiconto gestionale al netto di IVA, oltre che per competenza.

Per le APS minori in regime L. 398/91 anche i costi della gestione (fiscalmente) commerciale, oltre a quelli della gestione istituzionale, vengono registrati al lordo di IVA, inserendo inoltre una voce di uscita specifica per il versamento dell’IVA a debito calcolata in modo forfetario (si veda infra). Tale modo di operare  influisce sul calcolo di incidenza delle entrate da attività diverse sul totale delle entrate (<30%) o sul totale delle uscite complessive (<66%) ex DM 107/2021.

Le APS di maggiori dimensioni inseriscono nel Rendiconto gestionale le plusvalenze derivanti dalla cessione delle immobilizzazioni e, in via facoltativa, i valori stimati di taluni beni/servizi in natura (proventi e oneri figurativi): si tratta di valori che non possono invece essere inseriti nella parte corrente del rendiconto per cassa e che danno luogo ad ulteriori differenziazioni tra APS.

In particolare, per le APS che redigono il bilancio ordinario è opportuno registrare in contabilità il valore figurativo delle immobilizzazioni materiali ricevute a titolo gratuito da terzi (ad es. arredi, computer), con riferimento al loro presunto valore normale; questa registrazione incide sia sullo Stato patrimoniale che sul Rendiconto gestionale (provento d’esercizio e quote di ammortamento). La registrazione contabile di queste particolari operazioni è opportuna anche ai fini del controllo della corretta gestione del patrimonio dell’APS ai sensi degli artt. 8 e 9 CTS.

In sostanza, la verifica del superamento del limite di euro 220.000,00 di ricavi/entrate è soggetta ad un prudente apprezzamento da parte degli amministratori dell’APS, in quanto esiste un margine di incertezza dovuto alle diverse impostazioni contabili.

La questione assume anche un aspetto pratico di non poco conto in quanto il passaggio dal rendiconto per cassa al bilancio ordinario comporta, oltre alla predisposizione di un nuovo impianto contabile per l’esercizio in corso, anche la riclassificazione dei dati contabili dell’esercizio precedente dal criterio di cassa al criterio di competenza per poter inserire nel bilancio dell’esercizio corrente i dati comparati, patrimoniali ed economici, dell’esercizio precedente. Sul punto è recentemente (marzo 2023) intervenuto l’OIC che, con alcuni emendamenti all’OIC 35, ha stabilito che nel caso di prima redazione del bilancio ordinario l’APS può “non presentare il bilancio comparativo”.

L’emendamento è più che opportuno se si pensa alla necessità di ricostruire i dati delle immobilizzazioni e dei relativi fondi di ammortamento e/o delle varie tipologie di crediti e debiti e solleva le APS da un lavoro contabile (e relativi costi) probabilmente eccessivo rispetto alle esigenze di trasparenza.

  1. La registrazione contabile delle operazioni tipiche delle APS

Per esprimere considerazioni sugli schemi di bilancio e sulla fiscalità delle APS è opportuno analizzare le registrazioni contabili di talune attività tipiche.

LE QUOTE SOCIALI

Le quote versate dai soci all’APS possono derivare da più cause:

  1. come obbligo conseguente all’adesione all’APS, sia iniziale che annuale;
  2. come versamento a fronte della copertura di disavanzi o per esigenze straordinarie dell’APS;
  3. come contropartita dei servizi resi dall’APS al socio.

Le quote sub a) (la c.d. “tessera”) hanno due funzioni fondamentali:

  • l’autofinanziamento;
  • la mappatura dei soci non più interessati alle attività del sodalizio e verso i quali il Consiglio Direttivo può avviare le procedure di prassi: sollecito di pagamento, eventuale dichiarazione di decadenza (o di esclusione), cancellazione dall’elenco dei soci.

La debenza di tali quote è prevista dallo statuto, il loro importo viene determinato dall’assemblea (o, a volte, dal Consiglio Direttivo) e il loro mancato versamento costituisce un inadempimento contrattuale, passibile di sanzione secondo quanto previsto dallo statuto.

Le somme sub b) possono derivare da una delibera dell’assemblea dei soci, che però la giurisprudenza ritiene vincolante per il singolo socio solo nel caso di suo espresso voto favorevole, oppure da versamenti effettuati volontariamente dai soci a titolo individuale.

Le somme sub c) sono da considerare veri e propri corrispettivi pagati dai soci per godere di taluni servizi resi dall’APS e non rientrano propriamente nel concetto di “quota sociale” in quanto non si tratta di un versamento effettuato nell’esclusiva qualità di socio, ma (appunto) per godere di uno specifico servizio a titolo individuale. Si tratta in sostanza di un inquinamento fiscale derivante dal regime fiscale agevolato previsto per i corrispettivi “specifici” versati dai soci per talune attività rese dalle APS (art. 148 del TUIR e art. 4 DPR 633/72).

  1. a) Le quote sociali iniziali e annuali

Le quote sociali annuali e quella iniziale versate ad una APS che non intende richiedere la personalità giuridica ex art. 22 CTS (sopra sub a) vanno inserite nel Rendiconto gestionale del bilancio ordinario o nella parte corrente del rendiconto per cassa.

Il rendiconto per cassa non prevede una distinta modalità di contabilizzazione per le quote iniziali versate per la costituzione del fondo di dotazione ex art. 22 CTS (v. oltre).

Per entrambi gli schemi di bilancio tale ricavo o entrata va indicato nell’area gestionale A) delle “attività di interesse generale”, anche se tale allocazione non trova puntuale riscontro nell’elencazione delle attività (e relativi proventi) contenuta nell’art. 5 CTS. Si può supporre, in via interpretativa, che tale impostazione contabile derivi dalla considerazione che le quote sociali costituiscono una fonte di finanziamento per le attività istituzionali dell’APS, anche se esse sono destinate, in realtà, a sostenere tutte le attività sociali e non solo quelle ex art. 5 CTS.

Analogo rilievo vale per le “erogazioni liberali” e per i “proventi del 5×1000”, inserite nell’area gestionale A), anche se non previste dall’art. 5 CTS, che avrebbero trovato miglior collocazione nell’area gestionale C) delle raccolte fondi. Secondo il CTS, le varie attività svolte dall’APS (e relativi proventi/oneri) dovrebbero essere considerate e allocate in bilancio in funzione della loro natura e non per il fatto (ovvio) che tutte partecipano al finanziamento complessivo dell’APS.

Per le APS che redigono il bilancio ordinario le quote associative, iniziale e annuale, maturate e non ancora riscosse a fine esercizio confluiscono nella voce “A-quote associative ancora dovute” dell’attivo dello Stato patrimoniale, in analogia a quanto previsto per le quote non versate dai soci delle società di capitali.

Si consideri il caso dell’APS con quote sociali annuali maturate per euro 1.000,00 di cui euro100,00 ancora da riscuotere a fine esercizio.

RENDICONTO PER CASSA

Cassa900,00A.1-Entrate da quote associative 900,00

BILANCIO ORDINARIO

C.IV.3-Cassa

A-Quote associative ancora dovute

 900,00

100,00

A.1-Proventi da quote associative1.000,00

Le APS affiliate ad una rete associativa sono tenute a retrocedere a questa una parte dell’importo totale riscosso: in applicazione del criterio di correlazione, tale costo o uscita va registrato nella medesima area gestionale A), mentre l’eventuale debito esistente a fine esercizio va registrato nel passivo di Stato patrimoniale alla voce relativa ai “Debiti verso enti della stessa rete associativa”.

Si consideri il caso di dover retrocedere euro 300,00 di cui euro 50,00 ancora da versare a fine esercizio.

RENDICONTO PER CASSA

A.5-Uscite diverse di gestione250,00Banca250,00

 

BILANCIO ORDINARIO

A.7-Oneri diversi di gestione300,00

C.IV.1-Banca

D.4-Debiti v/enti della stessa rete associativa

250,00

50,00

  1. b) Le quote sociali per il fondo di dotazione

Le quote destinate alla costituzione del fondo di dotazione delle APS che hanno richiesto la personalità giuridica ex art. 22 CTS vanno registrate nel bilancio ordinario in contropartita diretta alla specifica voce di patrimonio netto “A.I-Fondo di dotazione”.

Per il rendiconto per cassa non vi sono registrazioni contabili diverse da quella del caso precedente.

BILANCIO ORDINARIO

c.iv.1-Banca15.000,00A.I-fondo di dotazione15.000,00
  1. c) Le quote sociali versate in conto capitale

Le quote sociali versate dai soci per ripianare i disavanzi di esercizio vanno registrate nel bilancio ordinario in contropartita diretta alla voce di patrimonio netto “A.III.2-altre riserve”, mentre per il rendiconto per cassa si effettua la registrazione di parte corrente già vista sopra.

BILANCIO ORDINARIO

c.iv.1-Banca5.000,00A.III.2-Altre riserve5.000,00

Il bilancio ordinario non prevede nel patrimonio netto la voce relativa al riporto del disavanzo di esercizi precedenti che andrà, pertanto, indicata in DARE nella voce “A.III.2-Altre riserve”; si tratta di una svista dei redattori dello schema.

La medesima registrazione contabile alla voce “A.III.2-altre riserve” verrà fatta per il caso di versamento da parte dei soci, con i limiti sopra ricordati, di quote versate per fare fronte ad esigenze straordinarie dell’APS.

Tale criterio contabile era esplicitato anche dalle Linee Guida della cessata Agenzia per le ONLUS[2]. In tali casi è importante che gli amministratori dell’APS prevedano espressamente nei documenti ufficiali che si tratta di versamenti a fondo perduto e non di prestiti soggetti ad obbligo di rimborso.

 

  1. d) Le quote specifiche

Come detto sopra, le c.d. “quote specifiche” versate dai soci per usufruire dei servizi dell’APS sono, in realtà, corrispettivi derivanti da rapporti contrattuali che hanno un trattamento contabile diverso da quello previsto per le vere e proprie quote sociali (v. infra).

LA GESTIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI

 

  1. a) Le immobilizzazioni immateriali

Molte APS, specie quelle che gestiscono circoli, hanno una sede in cui svolgono la maggior parte delle proprie attività; in genere si tratta di fabbricati concessi a titolo gratuito da un ente locale o da altri enti benefici (es. parrocchie), spesso con la condizione che l’APS si faccia carico di tutte le spese di manutenzione, anche quelle di natura straordinaria che, in teoria, farebbero carico alla proprietà (art. 1576 c.c.).

Si supponga che l’APS abbia messo “a norma” l’impianto elettrico della sede con una spesa totale di euro 10.000,00 (IVA inclusa), pagata per euro 7.000,00 nell’esercizio in corso e per euro 3.000,00 in quello successivo.

Per il bilancio ordinario, retto dal criterio di competenza, si tratta di una spesa a carattere non ricorrente e di importo significativo per cui, secondo i principi contabili, deve essere registrata tra le “immobilizzazioni immateriali” e soggetta alla procedura di ammortamento.

Questo particolare tipo di spesa va ripartita tra 5 esercizi in quote costanti (euro 2.000,00) applicando in via analogica quanto previsto dall’art. 2426 c.c.

Ogni APS deve valutare in quale area gestionale allocare la quota di ammortamento in funzione della natura e destinazione della spesa; trattandosi di una spesa relativa al fabbricato in cui l’APS svolge tutte le sue attività la quota di ammortamento annuale può essere imputata:

  1. per intero ad una singola area gestionale, ritenuta esclusiva o largamente prevalente;
  2. pro quota a più aree gestionali, in quanto ritenute beneficiarie dell’“utilità” della spesa.

Si tratta del noto problema della gestione dei costi promiscui; in linea generale per questo particolare tipo di costo si potrebbe privilegiare una ripartizione sulla base dell’allocazione dei ricavi/proventi complessivi nelle varie aree gestionali che, però, è nota solo a fine esercizio. In ogni caso occorre tenere conto dell’esigenza di mantenere invariati nel tempo i criteri utilizzati per la ripartizione dei costi promiscui per non inficiare la lettura dei dati comparati dei vari esercizi; eventuali variazioni potranno trovare illustrazione nella Relazione di missione. La ripartizione dei costi promiscui tra più aree gestionali non ha rilevanza ai fini del DM 107/2021, sul controllo della secondarietà dei ricavi da attività diverse, in quanto il secondo parametro (66%) è rapportato al valore complessivo di tutti i costi o delle uscite correnti.

Nell’esempio si suppone che l’APS decida di allocare tutta la quota di ammortamento all’area gestionale “E-di supporto generale”, in quanto costo riferibile alla sede utilizzata per svolgere tutte le attività dell’APS, senza effettuare ripartizioni tra le varie aree gestionali.

Per il rendiconto per cassa, in analogia a quanto previsto per il bilancio ordinario, la spesa viene considerata relativa a “investimenti in immobilizzazioni” per cui si reputa corretto registrarla nella parte relativa alla gestione in c/capitale. Tale prospetto divide però gli investimenti solo su due aree gestionali (“attività di interesse generale” e “attività diverse”), senza considerare le aree C (raccolta fondi) ed E (supporto generale): è probabile che si tratti di una svista dei redattori del DM, in quanto il Rendiconto gestionale prevede espressamente le quote di ammortamento per l’area E) e nulla vieta che le immobilizzazioni (specie quelle materiali) possano essere presenti anche nel settore C), anche se ivi non separatamente indicate. Preso atto di tale carenza dello schema del rendiconto per cassa l’APS ritiene che sia più corretto imputare l’uscita in oggetto agli investimenti relativi all’area gestionale delle “attività di interesse generale”.

Mancano indicazioni ufficiali sulla gestione dei costi promiscui e sulla loro corretta allocazione nelle varie aree gestionali del bilancio; per i costi afferenti alle gestioni “commerciali” il tema civilistico si intreccia con le regole fiscali per la determinazione della quota di IVA detraibile e per la quota di costo deducibile (salva l’opzione per i regimi forfetari ex L. 398/91 e, in prospettiva, ex art. 86 CTS).

Le registrazioni contabili sono le seguenti.

RENDICONTO PER CASSA

1-Investimenti in immobilizzazioni inerenti alle attività di interesse generale 7.000,00Banca 7.000,00

BILANCIO ORDINARIO

B.I.7-Altre10.000,00D.9-Debiti v/fornitori10.000,00
D.9-Debiti v/fornitori 7.000,00C.IV.1-Banca 7.000,00
E.5-Ammortamenti 2.000,00B.I.7-Altre (fondo ammortamento) 2.000,00
  1. b) Le immobilizzazioni materiali e i finanziamenti

Le APS sono generalmente titolari di immobilizzazioni materiali strumentali, di importo variabile in funzione della tipologia delle attività svolte. Si pensi al caso dei circoli dotati di bar, cucina, arredamento, televisori, veicoli, ecc.

Nel silenzio del CTS si ritiene che anche per l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali siano valide le regole previste dal Codice civile per cui, ai fini operativi, si applicano le aliquote previste dal DM 31.12.1988, con riduzione a metà per il primo anno (sezione attività non precedentemente specificate, altre attività).

Nel nostro caso l’aliquota per le autovetture è del 25%.

Le APS possono finanziare gli acquisti di immobilizzazioni materiali anche con finanziamenti di terzi. Ad esempio, l’APS ha acquistato un pulmino per euro 30.000,00 (IVA inclusa) pagando euro 10.000,00 con bonifico bancario ed il saldo di euro 20.000,00 con accensione di un prestito rateale con la società finanziaria del concessionario.

Si suppone di avere pagato nell’esercizio le prime 9 rate con un totale di euro 5.400,00 di cui euro 4.800,00 come quota capitale ed euro 600,00 come quota interessi, con un saldo capitale a fine esercizio di euro 15.200,00.

Gli amministratori dell’APS, in considerazione dell’utilizzo prevalente del pulmino per le attività ricreative e sociali, considerano tale spesa afferente per intero all’area gestionale “A-attività di interesse generale”.

In alternativa, come detto sopra, si può considerare il costo/uscita afferente a più aree gestionali ed effettuare il riparto dei relativi costi/uscite, sia di acquisto che di gestione.

Per quanto riguarda il finanziamento per il rendiconto per cassa si segnalano due punti:

  1. l’accensione del finanziamento è una “entrata” in conto capitale per il suo importo nominale;
  2. il pagamento delle rate viene registrato sia nella parte in conto capitale (quota capitale) che nella parte corrente (quota interessi, nella sezione “D”).

Le registrazioni contabili sono le seguenti.

RENDICONTO PER CASSA

1-Investimenti in immobilizzazioni inerenti alle attività di interesse generale.30.000,00

Banca

4-Ricevimento di finanziamenti per quota capitale e di prestiti

10.000,00

20.000,00

4-Rimborso di finanziamenti per quota capitale e di prestiti

D.1-Su rapporti bancari

 4.800,00

600,00

Banca 5.400,00

 

BILANCIO ORDINARIO

B.II.4-Altri beni30.000,00D.9 Debiti v/fornitori30.000,00
D.9- Debiti v/fornitori30.000,00

C.IV.1-Banca

D.2-Debiti v/banche

10.000,00

20.000,00

D.2-Debiti v/banche

D.2-Su prestiti

 4.800,00

600,00

C.IV.1-Banca 5.400,00
A.5-Ammortamenti 3.750,00B.II.4-Altri beni (fondo ammortamento) 3.750,00

Lo schema di Stato patrimoniale prevede nel passivo il mastro “D) Debiti” con la ripartizione dei debiti finanziari su tre voci, con un criterio misto soggettivo/oggettivo:

1-debiti verso banche soggettivo;

2-debiti verso altri finanziatori soggettivo;

3-debiti verso associati per finanziamenti soggettivo/oggettivo.

La voce patrimoniale “D.2-Debiti verso altri finanziatori” si ritiene che debba essere utilizzata quando il prestito è erogato da soggetti diversi dagli enti creditizi (es. dall’ente rete associativa) che sono invece accomunati nella voce “D.1-Debiti verso banche”. Probabilmente questo (eccessivo) dettaglio è legato al controllo dell’ipotesi di distribuzione indiretta di utili prevista dall’art. 8 comma 3 lett. e) cioè di corresponsione di interessi troppo elevati a finanziatori “non bancari”.

A parte quanto previsto dal TUB (DLgs. 385/93), si ricorda che anche l’art. 8 comma 3 lett. e) CTS separa le “banche e (gli) altri intermediari finanziari autorizzati” dagli “altri” finanziatori.

Il Rendiconto gestionale divide gli oneri finanziari su due voci: “D.1-su rapporti bancari” e “D.2-su prestiti”. Si ritiene che sia corretto imputare gli interessi passivi (e, se presenti, le commissioni sul finanziamento) alla voce specifica D.2, riservando alla voce D.1 gli interessi passivi (e le commissioni) inerenti alla gestione del c/c bancario o di altri servizi bancari.

Il rendiconto per cassa prevede per gli oneri finanziari la sola voce “su rapporti bancari” senza una voce specifica per quelli “su prestiti”: si tratta probabilmente di un’altra svista degli estensori degli schemi.

Per il bilancio ordinario si nota una certa distonia tra la registrazione del debito nello Stato patrimoniale (voce “debiti verso banche”) e la registrazione degli oneri finanziari nel Rendiconto gestionale (“su prestiti” e non “su rapporti bancari”): la soluzione suggerita appare comunque essere la più corretta.

IL BAR DEL CIRCOLO

 

  1. a) La gestione diretta

Molte APS gestiscono direttamente un bar interno alla sede sociale, con accesso limitato ai soli soci, con una speciale autorizzazione amministrativa (c.d. licenza da circolo).

La gestione diretta del bar del circolo può avvenire tramite volontari e/o personale retribuito.

Le norme amministrative consentono l’accesso al bar del circolo anche ai c.d. “soci indiretti”, cioè alle persone fisiche socie di altre APS affiliate alla medesima rete associativa; a rigore le somme pagate da tali soci indiretti dovrebbero essere considerate, ai fini del bilancio, come derivanti da “terzi” e non da “associati”, tuttavia la prassi contabile delle APS è di considerare anche tali proventi come derivanti da associati.

Questo modo di operare deriva dalle difficoltà pratiche di tenere distinti i proventi derivanti dai soci diretti e dai soci indiretti nella gestione del bar e delle varie attività culturali e ricreative; sul punto si resta in attesa di eventuali chiarimenti ufficiali.

La Corte di Cassazione è costante nel ritenere che “l’attività di bar con somministrazione di bevande verso pagamento di corrispettivi specifici svolta da un circolo culturale, anche se effettuata ai propri associati, non rientra in alcun modo tra le finalità istituzionali del circolo e deve, dunque, ritenersi ai fini del trattamento tributario, attività di natura commerciale[3].

L’attività in oggetto è espressamente “decommercializzata”, ai fini fiscali, solo per le APS aderenti ad un Ente di Promozione Sociale Nazionale riconosciuto dal Ministero dell’Interno e per il solo caso di gestione diretta riservata ai soli soci (art. 148 TUIR e art. 4 DPR 633/72).

In sostanza la gestione diretta del bar del circolo dell’APS ha una doppia natura:

  • ai fini del CTS si tratta di una “attività diversa” (art. 6);
  • ai fini fiscali si tratta di una attività “decommercializzata” (ex 148 TUIR e art. 4 DPR 633/72).

È uno dei pochi casi in cui un’“attività diversa” è di natura fiscale “non commerciale”; anche l’art. 85 CTS mantiene questa ipotesi di “decommercializzazione”.

L’APS registra questi importi totali per il periodo 1/1-30/9/22 (per il restante periodo v. oltre):

  • incasso totale: euro 20.000,00 – scontrino non fiscale[4]
  • acquisto alimenti e bevande: euro 10.000,00 – fattura
  • acquisto materiale di consumo: euro 1.000,00 – fattura
  • aggiornamento manuale HACCP: euro 500,00 – fattura
  • manutenzione attrezzature: euro 1.000,00 -fattura

Le registrazioni contabili sono le seguenti.

 

RENDICONTO PER CASSA

Banca20.000,00B.1-Entrate per prestazioni e cessioni ad associati20.000,00
B.1-Materie prime, sussidiarie, di consumo e merci11.000,00Banca11.000,00
B.2-Servizi 1.500,00Banca 1.500,00

BILANCIO ORDINARIO

C.IV.1-Banca20.000,00B.1-Ricavi per prestazioni e cessioni ad associati20.000,00
B.1-Materie prime, sussidiarie, di consumo e merci11.000,00D.7-Debiti v/fornitori11.000,00
D.7-Debiti v/fornitori11.000,00C.IV.1-Banca11.000,00
B.2-Servizi 1.500,00D.7-Debiti v/fornitori 1.500,00
D.7-Debiti v/fornitori 1.500,00C.IV.1-Banca 1.500,00
  1. b) La gestione affidata a terzi

L’APS può affidare a terzi la gestione del bar del circolo, richiedendo la corresponsione di un canone di affitto d’azienda.

Secondo le istruzioni di Unioncamere l’affitto d’azienda del bar del circolo dell’APS deve avvenire con atto notarile, secondo le normali regole civilistiche (art. 2556 c.c.), anche se la prassi delle CCIAA non è uniforme e capita che venga accettata anche una semplice scrittura privata o una copia non autenticata della delibera del Consiglio Direttivo dell’APS.

Il gestore è un imprenditore commerciale a tutti gli effetti, per cui deve adempiere a tutti gli obblighi sanitari e fiscali vigenti; resta fermo che il bar resta aperto per i soli soci, diretti e indiretti, in quanto si tratta di un’autorizzazione amministrativa “da circolo” e non pubblica.

Per l’APS l’affitto d’azienda è una “attività diversa”, ex art. 6 CTS, avente natura fiscale “commerciale”.

A volte le APS non prevedono la corresponsione di un canone, ma si accordano con il gestore affinchè questi si accolli il pagamento diretto di tutte o parte delle utenze del circolo; si tratta, giuridicamente, di una permuta di servizi che dovrebbe avere come tale il suo corretto trattamento contabile e fiscale.

Si supponga che il canone di affitto mensile pattuito sia di euro 300,00 (+IVA) e che la fattura relativa al mese di dicembre sia stata emessa entro l’esercizio e riscossa solo nell’esercizio successivo. Tale ultima fattura va inserita nel conteggio IVA dell’esercizio in corso, anche se non incassata, in base alla regola generale dell’art. 6 DPR 633/72; nel regime forfetario ex L. 398/91 tale importo non forma base imponibile IRES/IRAP per l’esercizio in corso (criterio di cassa).

Le registrazioni contabili sono le seguenti.

 

RENDICONTO PER CASSA

Banca  732,00B.3-Entrate per prestazioni e cessioni a terzi  732,00

BILANCIO ORDINARIO

C.II.1-Crediti verso utenti e clienti1.098,00

B.3-Ricavi per prestazioni e cessioni a terzi

D.9-Debiti tributari

  900,00

198,00

C.IV.1-Banca  732,00C.II.1-Crediti verso utenti e clienti  732,00

Per le APS in regime L. 398/91 la liquidazione IVA viene effettuata con cadenza trimestrale con versamento del 50% dell’IVA a debito: nel nostro esempio il versamento IVA verrà effettuato entro il 16/2 dell’esercizio successivo.

Il versamento dell’IVA viene registrato come un onere, nel rendiconto per cassa, e come un provento, nel bilancio ordinario.

In questo caso il versamento dell’IVA viene imputato per intero all’area gestionale “B-attività diverse”, per correlazione con i relativi proventi; in presenza di operazioni imponibili IVA afferenti anche all’area gestionale “A-attività di interesse generale”, la registrazione contabile del versamento IVA dovrebbe avvenire pro quota.

Le registrazioni sono le seguenti.

RENDICONTO PER CASSA

B.5-Uscite diverse di gestione   99,00Banca  99,00

BILANCIO ORDINARIO

D.9-Debiti tributari  198,00

C.IV.1-Banca

B.6-Altri ricavi, rendite e proventi

  99,00

99,00

LA GESTIONE DELLE CENE PER I SOCI

Le APS sono solite organizzare nel circolo delle cene per i soci; si tratta di una “attività diversa”, ex art. 6 CTS, che ha natura fiscale “commerciale” anche se rivolta ai soci in quanto espressamente esclusa dal regime della “decommercializzazione” (art. 148 TUIR e art. 4 DPR 633/72).

Tale impostazione è confermata anche dall’art. 85 CTS.

Si supponga di avere i seguenti dati totali:

  • quote di partecipazione dei soci: euro 10.000,00 – ricevute[5]
  • acquisto alimenti e bevande: euro 5.000,00 – fattura
  • acquisto materiale di consumo: euro 1.000,00 – fattura

RENDICONTO PER CASSA

Banca10.000,00B.1-Entrate per prestazioni e cessioni ad associati10.000,00
B.1-Materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 6.000,00Banca 6.000,00

BILANCIO ORDINARIO

C.IV.1-Banca10.000,00

B.1-Ricavi per prestazioni e cessioni ad associati

D.9-Debiti tributari

9.090,91

909,09

B.1-Materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 6.000,00D.7-Debiti v/fornitori 6.000,00
D.7-Debiti v/fornitori 6.000,00C.IV.1-Banca 6.000,00

La differenza tra le ipotesi della “somministrazione di alimenti e bevande” (tipico del bar) e dei “pasti” (tipico del ristorante) sta che, nel secondo caso, vi è la cottura del cibo; si tratta di una differenza non più esistente ai fini delle autorizzazioni amministrative, ma che è rimasta ai fini del regime degli enti non commerciali.

LA GESTIONE DEI CORSI A PAGAMENTO

Le APS organizzano corsi su argomenti culturali o ricreativi riservati ai soci, diretti e indiretti, e a volte anche aperti ai terzi, con la previsione di una quota di partecipazione.

L’organizzazione di tali corsi rientra normalmente tra le “attività di interesse generale”, ex art. 5 CTS; ai fini fiscali si tratta di attività “decommercializzata”, se rivolta ai soci (diretti e indiretti) (art. 148 TUIR e art. 4 DPR 633/72) o “commerciale”, se rivolta a soggetti non soci.

Per godere della “decommercializzazione” fiscale i corsi a pagamento a favore dei soci (diretti e indiretti) devono avere per oggetto attività che siano “svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali” (art. 148 TUIR e art. 4 DPR 633/72) dell’APS; per questo motivo è importante verificare la congruenza tra le previsioni dello statuto e il tipo di corso a pagamento.

In genere gli statuti delle APS prevedono clausole abbastanza “larghe” con riferimento ad attività “ricreative”, “culturali”, di “socializzazione” e simili per cui non dovrebbero sussistere particolari problemi. Si ricorda che la “decommercializzazione” fiscale è subordinata anche all’inserimento nello statuto delle clausole “antielusive” e alla loro concreta osservanza nella vita associativa.

L’APS ha organizzato un corso culturale/ricreativo con i seguenti dati totali:

  • quote di partecipazione soci: euro 1.000,00 – ricevute[6]
  • quote di partecipazione non soci: euro 100,00 – ricevute[7]
  • compenso occasionale docente: euro 625,00 – ricevuta[8]

Le registrazioni contabili sono le seguenti.

RENDICONTO PER CASSA

Banca1.000,00

A.3-Entrate per prestazioni e cessioni ad associati e fondatori

A.7-Entrate per prestazioni e cessioni a terzi

  900,00

100,00

A.2-Servizi  500,00Banca  500,00
A.2-Servizi  125,00Banca  125,00

BILANCIO ORDINARIO

A.C.IV.1-Banca

C.II.2-Verso associati e fondatori

1.000,00

100,00

A.3-Ricavi per prestazioni e cessioni ad associati e fondatori

A.7-Ricavi per prestazioni e cessioni a terzi

D.9-Debiti tributari

1.000,00

81,97

18,03

A.2-Servizi   500,00A.C.IV.1-Banca  500,00
A.2- Servizi  125,00A.C.IV.1-Banca  125,00

L’imputazione delle somme versate dai soci richiede di valutare la ratio della distinzione tra la voce “A.2-Proventi dagli associati per attività mutuali” e la voce “A.3-Ricavi per prestazioni e cessioni ad associati e fondatori” che, a prima vista, appaiono dello stesso tenore.

L’attività “mutualistica” è quella intercorrente tra l’ente e i suoi soci per cui è tipica delle Società di mutuo soccorso, delle APS come, eventualmente, di altri tipi di ETS a base associativa. Le SMS e le APS, in particolare, sono molto simili in quanto sono entrambi enti associativi a base mutualistica: anche le APS infatti devono operare (almeno) prevalentemente a favore dei propri soci.

Si veda anche la rubrica dell’art. 85 CTS che le accomuna nello stesso regime fiscale di favore proprio in ragione della comune natura “mutualistica”.

Ragioni sistematiche propendono però per le APS, le ODV e gli altri ETS a base associativa a favorire l’uso della voce “A.3”: le attività svolte dall’APS ed enti similari a favore dei propri soci possono infatti ricadere anche tra le attività “diverse” e la sezione “B” del Rendiconto gestionale non prevede una analoga voce “mutualistica”.

In sostanza si aderisce alla tesi che la voce “A.2” sia riservata alle sole SMS; in ogni caso si tratta di enti “a perdere” in quanto destinati alla trasformazione (appunto) in APS o al passaggio al regime dell’impresa sociale.

Per il credito esistente a fine esercizio si ritiene corretto utilizzare la voce “C.II.2-verso associati e fondatori”, vista la natura soggettiva del debitore; la voce “C.II.1-verso utenti e clienti” va utilizzata per i crediti verso soggetti diversi dagli associati.

Come detto sopra questo tipo di credito verso i soci ha un trattamento contabile diverso da quello per le vere e proprie “quote sociali”, anche se nelle APS è invalso l’uso “fiscale” di definirle “quote sociali specifiche”. Si dissente pertanto da quanto proposto da alcuni software contabili in uso tra le APS che registrano tali valori nella voce “A.1” del Rendiconto gestionale o del rendiconto per cassa, relativa alle quote associative; non si tratta di “quote sociali”, ma di veri e propri corrispettivi specifici che hanno un trattamento (solo) fiscale agevolato in considerazione del rapporto interno APS-socio.

 

  1. La gestione contabile delle imposte dirette

Si è visto che per le APS vi sono alcune “attività diverse”, ex art. 6 CTS, che sono “decommercializzate” ai fini fiscali, ex art. 148 del TUIR e art. 4 del DPR 633/72, per cui occorre prestare attenzione ai dati contabili da utilizzare per effettuare i seguenti conteggi:

  • il rapporto di secondarietà dei ricavi/entrate delle “attività diverse” ex DM 107/2021, ai fini del mantenimento della qualifica di APS;
  • il rapporto di prevalenza dei ricavi/entrate “non commerciali”, ai fini del mantenimento della qualifica di “ente non commerciale”.

Questa dicotomia tra regime civile e fiscale verrà ampliata dalla prossima entrata in vigore dell’art. 85 comma 6 CTS, che estenderà alle APS la “decommercializzazione” fiscale delle vendite di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito (c.d. charity shop), oggi prevista solo per le ODV.

Le attività svolte dalle APS a pagamento verso i soci, diretti e indiretti, e verso i non soci si possono raggruppare nel seguente modo ai fini del reperimento dei dati per il calcolo dei due diversi tipi di rapporti sopra indicati.

ATTIVITÀCTSIRES(*)IVAESEMPI
Servizi ai sociA.I.G.Decomm.taFuori campo(**)Corsi Vari
A.D.Bar
A.D.CommercialeImponibileCene
Servizi a non sociA.I.G.CommercialeImponibileCorsi Vari
A.D.Bar(***)
Vendite di beni a soci e non sociA.D.Gadget

(*) La classificazione è valida anche ai fini IRAP.

(**) Dall’1/1/2024 tali operazioni passeranno da “fuori campo” a “esenti” IVA.

(***) L’apertura a terzi è condizionata al rilascio del permesso da parte del Comune per speciali occasioni (feste, sagre paesane).

 

Per le APS che utilizzano il rendiconto per cassa occorre considerare che il rapporto di secondarietà (civile) tiene conto degli importi delle entrate/uscite iscritti nello stesso, quindi generalmente al lordo di IVA, mentre per il rapporto fiscale le entrate vanno comunque assunte al netto di IVA, con i dati desunti dal registro IVA unico ex L. 398/91 o dai registri fiscali tenuti in base al regime contabile adottato (semplificato o ordinario).

Per le APS in regime forfetario ex L. 398/91 la determinazione della base imponibile IRES del reddito d’impresa avviene applicando la percentuale del 3% ai ricavi “commerciali”, senza la necessità di tenere evidenza fiscale dei costi. Ai fini IRAP si applica il sistema misto per cui al reddito d’impresa determinato in misura forfetaria si sommano (criterio retributivo) gli eventuali redditi di lavoro subordinato, parasubordinato ed i compensi occasionali erogati a terzi.

Dall’1.1.2024, salvo ulteriori rinvii, le APS non potranno più usufruire del regime ex L. 398/91 che verrà sostituito dal regime forfetario ex art. 86 CTS, con un limite di ricavi “commerciali” ridotto da euro 400.000,00 a euro 130.000,00.

Più impegnativa è la gestione fiscale delle APS che operano in regime di contabilità (fiscale) semplificata (art. 18 del DPR 600/72), per cui il reddito d’impresa ai fini IRES è determinato con il criterio della “cassa ibrida”, che considera i costi in parte con il criterio di cassa e in parte con il criterio di competenza, mentre ai fini IRAP la base imponibile del settore “commerciale” è sempre determinata con il criterio di competenza. La contabilità semplificata fiscale non soddisfa le esigenze contabili né del rendiconto per cassa (basato sul criterio di cassa puro) né del bilancio ordinario (basato sul criterio di competenza puro), per cui occorre effettuare dei raccordi extra contabili.

Il regime di contabilità semplificata prevede anche l’opzione per la determinazione del reddito d’impresa con il criterio della registrazione IVA che, però, presenta analoghi problemi di raccordo con gli schemi di bilancio del CTS.

La tenuta della contabilità ordinaria ai fini fiscali è in linea con i criteri di redazione del bilancio ordinario.

Questa situazione comporta che anche le APS di medie dimensioni che non vorranno o potranno usufruire del regime forfetario ex art. 86 CTS dovranno valutare l’ipotesi di attivare il regime di contabilità ordinaria, saltando il regime di contabilità semplificata anche se astrattamente applicabile, in quanto unico regime in grado di fornire con un solo impianto contabile i dati utili sia ai fini fiscali che per la redazione del bilancio ordinario, senza dover effettuare raccordi civili/fiscali extracontabili.

Il seguente prospetto mette in evidenza i diversi criteri contabili validi ai fini civili, cioè del CTS, e fiscali, evidenziando le scelte che consentono all’APS di gestire al meglio l’impianto contabile complessivo.

SCRITTURE CONTABILI DELLE APS NON COMMERCIALI

CRITERI CTS E FISCALI

REGOLE CIVILI CTSREGOLE FISCALI DPR 600/73 E ALTRE
TIPO DI BILANCIOCRITERIO DI REGISTRAZIONEREGIME CONTABILECRITERIO DI REGISTRAZIONE

Bilancio ordinario

(proventi totali > euro 220.000)

Competenza economicaOrdinarioCompetenza economica

Semplificato art. 18 DPR 600/73(*)

(ricavi commerciali <euro 500.000/euro 800.000)

Cassa + Competenza economica

(c.d. cassa ibrida)

Forfetario L. 398/91(**) (***)

(ricavi commerciali <euro 400.000)

Cassa

Rendiconto per cassa

(proventi totali < euro 220.000)

Cassa

Semplificato art. 18 DPR 600/73(*)

(ricavi commerciali < euro 500.000/euro 800.000)

Cassa + Competenza economica

(c.d. cassa ibrida)

Forfetario L. 398/91(**) (***)

(ricavi commerciali < euro 400.000)

Cassa

(*) Ai fini IRAP il reddito imponibile “commerciale” segue il criterio di competenza.

(**) Ai fini IRAP il reddito imponibile “commerciale” segue il criterio di cassa.

(***) Ai fini IVA vale il criterio di registrazione anche per importi fatturati ma non ancora incassati.

Dall’1/1/2024 il regime ex L. 398/91 verrà sostituito dal regime forfetario ex art. 86 CTS se ricavi commerciali < euro 130.000,00.

 

In sostanza, le APS che devono o vogliono redigere il bilancio ordinario faranno bene ad optare per il regime (fiscale) di contabilità ordinaria, quelle che potranno redigere il rendiconto per cassa faranno bene ad optare per il regime forfetario (ex L. 398/91 o, in futuro, ex art. 86 CTS).

Per il bilancio ordinario la registrazione delle imposte IRES/IRAP avviene per competenza alla voce “imposte” posta in fondo al Rendiconto gestionale e, per il debito maturato e non pagato entro l’esercizio, alla voce dello Stato patrimoniale “D.9-debiti tributari”.

Lo schema del rendiconto per cassa prevede la voce “imposte” due volte, in calce sia alla parte corrente che alla parte in conto capitale. Se si tiene fermo il concetto che la voce “imposte” sia riservata alle sole imposte dirette IRES/IRAP, come da principi contabili (OIC 25), si possono valutare due possibilità:

  1. registrazione separata dell’IRES/IRAP pagata in relazione alle voci inserite nella gestione corrente rispetto a quelle inserite nella gestione in conto capitale;
  2. essere in presenza di un refuso, frutto di una svista dei redattori del documento, per cui si indicano le imposte solo in una voce.

Per le imprese le imposte diverse da quelle sul reddito (registro, ipotecaria e catastale, IMU, ecc.) vanno indicate nel Conto economico alla voce “B.14-Oneri diversi di gestione” (OIC 12), per cui si ritiene che tale criterio sia valido anche per le APS.

La soluzione sub a) obbliga gli amministratori dell’APS ad una separazione contabile che non appare avere un apprezzabile valore informativo; tutto sommato si reputa corretto imputare l’IRES/IRAP pagata nell’esercizio alla relativa voce in calce alla gestione corrente.

Si supponga che l’IRES/IRAP maturata nell’esercizio sia pari ad euro 500,00 di cui euro 300,00 già versati in acconto durante l’esercizio stesso, con un debito a fine esercizio di euro 200,00.

Le registrazioni contabili sono le seguenti.

RENDICONTO PER CASSA

Imposte (parte corrente)  300,00Banca  300,00

BILANCIO ORDINARIO

C.II.9-Crediti tributari  300,00C.IV.1-Banca  300,00
Imposte  500,00

C.II.9-Crediti tributari

D.9-Debiti tributari

  300,00

200,00

  1. Conclusioni

Il primo approccio alla nuova contabilità e al nuovo bilancio delle APS ha evidenziato che gli schemi ministeriali presentano voci ambigue e, per il rendiconto per cassa, anche talune carenze.

Si è anche notata la mancanza di coordinamento tra le regole civilistiche di redazione del bilancio e le norme fiscali per la determinazione della base imponibile IRES e, soprattutto, IRAP, con problemi operativi per la tenuta di un unico impianto contabile.

Alcune di queste criticità potranno essere risolte in via interpretativa, mentre altre necessiteranno di interventi normativi.

 

[1] Si vedano anche Gatto E. “Il primo bilancio degli ETS secondo i nuovi schemi rigidi”, in questa Rivista, 2, 2022; Sironi M. “Redazione e deposito dei bilanci degli ETS: i chiarimenti del Ministero del Lavoro”, ivi, 1, 2023.

[2] Documento Agenzia per le ONLUS 11.2.2009 “Linee guida e schemi per la redazione dei bilanci di esercizio degli enti non profit”, p. 27.

[3] Ex multis, Cass. 13.7.2022 n. 22142; Cass. 15.6.2018 n. 15865; Cass. 8.5.2008 n. 11391; Cass. 20.10.2008 n. 25463, in Sistema integrato Eutekne.

[4] Le APS in regime di L. 398/91 sono esonerate dall’obbligo di emissione dello scontrino fiscale per cui sono solite utilizzare un registratore di cassa “non fiscale”.

[5] Le APS in regime L. 398/91 sono esonerate dall’obbligo di emettere lo scontrino fiscale; tale importo è soggetto ad IVA 10% da scorporare e da considerare anche ai fini della base imponibile IRES e IRAP.

[6] Di cui euro 900,00 incassate nell’esercizio e euro 100,00 incassate nell’esercizio successivo.

[7] Quota comprensiva di IVA 22% da scorporare e da considerare nella base imponibile ai fini IRES/IRAP. Come detto sopra, le APS in regime L. 398/91 sono esonerate dagli obblighi di emissione della fattura (salvo taluni casi specifici) e dello scontrino fiscale. Ai fini del bilancio ordinario le APS possono decidere di scorporare l’IVA per ogni registrazione o in via cumulativa a fine trimestre.

[8] Compenso lordo: euro 125,00; Rit. acconto 20%: euro 25,00; Netto pagato: euro 100,00.